Passo San Boldo

San Boldo - Cison di Valmarino

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Passo San Boldo

Descrizione

Oggi raggiungere il San Boldo dall’abitato di Tovena occupa l’automobilista per circa 20 minuti. Ma la salita al Passo non è sempre stata così veloce e piacevole. Per secoli, mercanti e zattieri, contadini e pastori, greggi, cavalli e muli carichi di mercanzie si sono arrampicati faticosamente sui gradini di travetti di larice ricavati tra le rocce che costituivano l’ultimo tratto della mulattiera che conduceva al San Boldo.

I carri trainati dal bestiame infatti potevano arrivare soltanto fino alla località Cargacar, poco dopo l’abitato, dove avveniva lo scambio delle merci, da qui si proseguiva a piedi o a dorso di mulo, facendo una sosta Al Cristo, prendendo fiato magari recitando una preghiera.

Soltanto all’inizio del secolo scorso è stata realizzata l’attuale strada che permette di raggiungere agevolmente i paesi di S. Antonio Tortal, Mel e Trichiana, situati al di là della montagna, in territorio bellunese. 

A questo punto il lettore si domanderà come mai tali migliorie non fossero state progettate o attuate in precedenza, visti anche gli importanti interessi economici che legavano l’Alto Trevigiano alla Valbelluna. Si pensi ad esempio che nelle osterie del Bellunese si beveva il vino prodotto dalle vigne del Quartier del Piave, tutto trasportato a dorso di mulo su e giù per il canale.

Ebbene. I tentativi ci furono stati, ma non portarono all’esito auspicato. In diverse occasioni la comunità della Valmareno aveva tentato di ottenere dalla Repubblica di Venezia il permesso di sistemare il canale in modo tale che vi potesse transitare un carro trainato da buoi. L’intervento del Doge però stroncò ripetutamente le speranze degli autoctoni, imponendo che la strada rimanesse nelle condizioni in cui era sempre stata.

La ragione era facilmente intuibile: una nuova via, accessibile, ma soprattutto rapida, avrebbe potuto deviare i traffici da Conegliano, Serravalle e Capo di Ponte (l’odierna Ponte nelle Alpi) e danneggiare così gli importanti interessi economici che la Repubblica di Venezia derivava dai dazi di tali dogane. 

A conferma di tale ferrea volontà della Serenissima si pensi che, nel 1573 dispose non soltanto che i lavori iniziati senza autorizzazione venissero bloccati, ma addirittura decretò che si disfacesse quanto era già stato realizzato. 

Solo nel 1914 ed in ben altro contesto qualcosa mutava. Finalmente le aspirazioni degli abitanti locali, seppur in un clima storico triste e fosco, trovarono parziale soddisfazione. La disoccupazione e l’emigrazione erano un problema sociale di proporzioni oramai considerevoli ed il Comune di Cison, avvalendosi di alcune agevolazioni di legge, incaricava l’ingegnere Giuseppe Carpenè di redigere il progetto per la realizzazione di una nuova sede stradale. Fu così possibile impiegare 500 emigranti rimpatriati, realizzando il primo tronco stradale, da Tovena fino alla località Al Cristo Mancavano però ancora gli ultimi 100 metri di dislivello, un muro di roccia strapiombante.

Il sogno di una via che collegasse la Valmareno al versante bellunese venne così realizzato dallo straniero: l’esercito Austro-Ungarico. Nel 1918 ed in soli 100 giorni si completò quell’opera desiderata da secoli.

Gli Austriaci, infatti, necessitavano di una via diretta con la linea del Piave e, impiegando in totale 7000 operai, in gran parte soldati austoungarici, prigionieri italiani, russi e bosniaci e con l’apporto di popolazione locale, realizzarono i sei tornanti e le cinque gallerie che tutt’oggi costituiscono l’ultimo tratto del canale di San Boldo... conosciuto dunque come “La strada dei 100 giorni”, su cui tanto è stato detto e scritto.

È bene precisare che l’attuale assetto stradale è da ricondurre ai lavori di sistemazione durati ben tredici anni, che hanno comportato la chiusura del passo dal 1980 al 1993.

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